Diving Book
PIROSCAFO UMBERTO I°
Ordinato dalla ditta genovese Rocco Piaggio & Figli (attiva sulla linea da Genova al Río de la Plata) al cantiere Archibald McMillan di Dumbarton, l'Umberto I° (così denominato in onore del nuovo sovrano appena incoronato), un piroscafo passeggeri da 1385 tonnellate di stazza e 2746 tonnellate di stazza, venne costruito nel corso del 1878.
La storia.
Il 25 ottobre 1887 la nave s'incagliò nelle acque di Ponza, subendo pesanti danni e necessitando quindi di essere trainata a La Spezia, ove venne sottoposta a lavori di riparazione protrattisi per tre mesi.
Scoppiata la prima guerra mondiale, nel 1915 la Regia Marina requisì l'Umberto I° e lo trasformò in incrociatore ausiliario.
Armato con un cannone da 120/40 mm e due da 76/40 mm, collocati a prua ed a poppa, la nave venne destinata a compiti di scorta convogli.
Alle 8.30 del 14 agosto 1917 l'Umberto I, agli ordini del comandante Ernesto Astarita (comandante militare), lasciò Genova alla volta di Gibilterra in testa ad un convoglio composto da sette piroscafi, tre italiani e quattro norvegesi. Alle 18.30 dello stesso giorno l'incrociatore ausiliario, in navigazione al largo dell'isola Gallinara, venne attaccato dal sommergibile tedesco UC 35.
Colta di sorpresa, la nave Italiana non ebbe il tempo di contromanovrare e venne colpita da due siluri a proravia dell'albero maestro, all'altezza della paratia che divideva la stiva n. 3 dalla sala macchine. Lo scoppio devastò la zona poppiera del vecchio piroscafo, distruggendo le scialuppe di poppa ed il locale RT, proiettando il radiotelegrafista (che tuttavia riuscì a salvarsi) a distanza. Subito dopo il siluramento la sala macchine rimase sguarnita di personale, in parte morto e in parte ferito gravemente, l'elica della nave, durante l'affondamento, continuò a girare, provocando morti e feriti tra i naufraghi, ed il comandante Astarita perse la vita nel tentativo di scendere nella sala macchine in fiamme per fermare le macchine. L'Umberto I° s'inabissò in un paio di minuti.
Nell'affondamento trovarono la morte 26 uomini su un totale di 80 membri dell'equipaggio: la maggior parte delle vittime (tra cui tutto il personale di macchina) rimase intrappolata sottocoperta e non ebbe il tempo di abbandonare la nave.
Il relitto dell'Umberto I°, giace spezzato in due tronconi a circa 800 metri dall'isola Gallinara, ad una profondità compresa tra i 43 ed i 51 metri. La poppa è pressoché distrutta e ridotta ad un'area cosparsa di rottami, mentre la prua, posata sul lato sinistro, è in miglior stato, seppure ridotta alla sola ossatura metallica a causa della lunga permanenza in acqua (nonché del fatto che molte delle parti della vecchia nave erano realizzate in legno, divorato dai microrganismi).
L'immersione
L'immersione sull'Umberto, come ci piace comunemente chiamarlo, non e' mai ne' semplice ne' agevole.
Gia' in fase di ancoraggio spesso si rischia di perdere il punto e trovarsi, una volta scesi, su un deserto sabbioso senza riferimenti.
Cio' che piu' rende questa immersione complicata e' la visibilita'.
Quasi mai buona e' spesso davvero pessima fino a rasentare, nei casi piu' sfortunati, il buio totale. E cosi quando scendiamo lungo la cima dell'ancora si ha sempre una sensazione di ansia mista alla speranza di intravedere la sagoma del relitto e quindi avere la conferma che l'ancora ha preso correttamente e che la visibilita' e' ''umana''.
Arrivati sul relitto ci troveremo di fronte alla zona prodiera, appoggiata sulla fiancata di sinistra, dalla forma sinuosa e allungata tipica delle navi di oltre un secolo fa.
Procediamo verso poppa e ecco che il relitto si interrompe bruscamente. Se infatti la prua e' integra anche se la lunga permanenza in mare ha lasciato il segno, la poppa e il resto della nave e' completamente devastato e irriconoscibile. Sul fondo una massa intricata di lamiere, tubi, reti e altri oggetti rendono la perlustrazione estremamente insidiosa e da effettuare solo in caso di buona visibilita', pena la pressoche' certa perdita dell'orientamento e conseguente impossibilita' di rientrare all'ancora.
Tornando indietro entriamo nella pancia del troncone di prua, i giochi di luce sono davvero affascinanti, la penetrazione non particolarmente insidiosa purche' si ponga moltissima attenzione ai cavi e alle reti che ovunque creano trappole pronte a punire i sub meno attenti. Procedendo verso l'estrema prua e' possibile l'incontro con un grongo di dimensioni fuori dal comune che, personalmente, vedo da almeno 15 anni. Il bestione non appare particolarmente intimorito dai sub e si lascia immortalare volentieri.
Una apertura nel pavimento della zona prodiera consente di uscire, stando attentissimi alle cime perse che sono ovunque e alle lenze di nylon che, se possibile, sono ancora piu' infide e pericolose.
Torniamo verso la cima di risalita davvero soddisfatti….. questa volta l'Umberto si e' lasciato ammirare… non e' detto che la prossima decida di concedersi nuovamente….