Diving Book
RELITTO DEL RAVENNA
Nata con il nome di Oceana, venne costruita a Sestri Ponente presso i cantieri Nicolò Odero. Fu poi varata con il nome di Ravenna il 2 marzo 1901. Lunga 110 metri, larga 13, stazzava 4100 tonellate, era equipaggiata con un motore a vapore a triplice espansione che le permetteva di raggiungere i 12 nodi. Il Ravenna trasporto passeggeri aveva una prima classe di 42 persone e oltre 1250 nelle camerate comuni riservate alle altre classi. Il suo impiego principale fu quello di Piroscafo postale adibito al trasporto degli emigranti che a partire dai primi del 1900 abbandonavano in massa l'Europa per cercare fortuna nel nuovo mondo. Il primo viaggio inaugurale si tenne il 18 giugno 1901 con partenza da Genova e scalo a Montevideo ed arrivo a Buenos Aires. Un primo incidente lo ebbe il 27 aprile 1903 in ritorno da New York quando perse l'elica al largo di Algeri e venne rimorchiata a Gibilterra dal piroscafo britannico Calabria. Nel 1911 venne requisita ed adibita al trasporto di artiglieria destinata alla Libia, presterà servizio sotto il regio esercito sino al 20 marzo 1912 quando fu adibita a trasporto truppe per l'Albania; poi torna nuovamente al servizio civile.
La storia.
Testo e ricostruzione storica GIANLUCA CORA:
"Mamma mia dammi cento lire…"
…così recitava una vecchia canzone popolare; siamo agli inizi del 1900, la rivoluzione industriale sta stravolgendo usi e costumi di un'Italia prevalentemente agricola, dove povertà e miseria erano il pane di tutti i giorni. A quel tempo 174 lire erano la cifra necessaria ad acquistare un biglietto di sola andata per l'America con sistemazione di terza classe. I viaggi, per i poveri emigranti, duravano 15-20 giorni , le grandi camerate comuni erano affollate oltre ogni immaginazione, la mancanza di servizi igienici e di una alimentazione adeguata era solo alcune delle difficoltà che rendevano le traversate atlantiche delle vere prove di resistenza. Nonostante questo, decine di migliaia d'italiani partirono in cerca di una vita migliore; alle loro spalle lasciarono amici e parenti che, in molti casi, non rividero mai più. Il fenomeno migratorio fu di tale rilevanza che stravolse la demografia del nostro paese; la sola città di New York registrò 25 milioni di arrivi da oltre oceano. Protagonisti dei viaggi verso il nord ed il sud america sono i piroscafi postali, navi costruite con i "nuovi" propulsori a vapore che si sfidano sulle rotte oceaniche nel tentativo di conquistare il "nastro azzurro", premio per la traversata più veloce. Alla fine del 1800, Edmondo de Amicis, imbarcatosi come corrispondente sul piroscafo Nord America, racconta le tristezze di quei viaggi: "…
Dalla boccaporta spalancata vidi una donna che singhiozzava forte, col viso nella cuccetta: intesi dire che poche ore prima d'imbarcarsi le era morta quasi all'improvviso una bambina, e che suo marito aveva dovuto lasciare il cadavere all'ufficio di Pubblica Sicurezza del porto, perché lo facessero portare all'ospedale. …
Ma lo spettacolo eran le terze classi, dove la maggior parte degli emigranti, presi dal mal di mare, giacevano alla rinfusa, buttati a traverso alle panche, in atteggiamenti di malati o di morti, coi visi sudici e i capelli rabbuffati, in mezzo a un grande arruffio di coperte e di stracci. Si vedevan delle famiglie strette in gruppi compassionevoli, con quell'aria d'abbandono e di smarrimento, che è propria della famiglia senza tetto: il marito seduto e addormentato, la moglie col capo appoggiato sulle spalle di lui, e i bimbi sul tavolato, che dormivano col capo sulle ginocchia di tutti e due: dei mucchi di cenci, dove non si vedeva nessun viso, e non n'usciva che un braccio di bimbo o una treccia di donna." Con lo scoppio della prima guerra mondiale, ai tremendi disagi dei viaggi oltre oceano, si aggiunse il pericolo rappresentato dai micidiali u-boat tedeschi che infestavano il mar Mediterraneo.
Il 4 aprile 1917 il sottomarino U52 al comando di Hans Walther avvista, 2 miglia al largo di Laigueglia (Sv), il piroscafo postale Ravenna, di ritorno da Buenos Aires con un carico di lana grezza, 189 passeggeri e 83 persone di equipaggio. Appena a distanza di tiro, l'U52 lancia un siluro che colpisce il piroscafo sul lato di diritta. Il comandante della nave, Pasquale Zino, ultimo ad abbandonare la nave, assiste impotente all'ultimo viaggio del Ravenna mentre dalle coste liguri i pescatori si prodigano per prestare i primi soccorsi ai naufraghi. (le vittime saranno solo 6).
Curiosità: Il 23 aprile 1906 venne registrato lo sbarco a New York del Sig.Cora Ernesto residente a Priero, di professione mugnaio, partito da Genova sul piroscafo Ravenna.
Cora Ernesto è il bisnonno di Cora Gianluca autore dell'articolo e del video sul relitto disponibile all'indirizzo www.sport7.it/ravenna.
L'immersione
Il relitto del piroscafo giace ora su un fondale di 91 metri; la zona è molto esposta ai venti ed è spesso battuta da correnti molto forti che rendono le immersioni particolarmente difficoltose. E' indispensabile scegliere giornate con tempo stabile, mare calmo ed attrezzarsi di scooter subacquei per facilitare la discesa e la progressione sul relitto. Arrivati sul punto d'immersione sull'ecoscanaglio appare subito una grande sagoma scura che si innalza dal fondo di almeno una decina di metri, il pedagno stà gia scivolando veloce verso il fondo mentre si controllano le attrezzature. Dopo la lunga discesa nel blu, il Ravenna appare in assetto di navigazione, leggermente inclinato sul fianco sinistro, ricoperto da una nuvola di anthias e da grossi rami di gorgonie che hanno colonizzato le zone più esposte alla corrente.
La zona di centro nave è abbastanza integra anche se è perfettamente visibile il logorio causato dai quasi cento anni trascorsi in mare; i ponti in legno si sono ormai sbriciolati ed è possibile accedere direttamente ai locali sottostanti, la penetrazione è comunque particolarmente impegnativa a causa dell'instabilità delle lamiere e bisogna prestare particolare attenzione alle numerose lenze e reti che avvolgono ogni parte dello scafo.
Dirigendosi a prua si possono vedere chiaramente gli effetti delle mine elettriche, utilizzate nel 1930 dalla nave Rostro (sorella dell'Artiglio) per il recupero del carico. Tra le lamiere è ancora possibile vedere alcune grosse balle di lana grezza che attendono ancora di giungere a Genova; la prua si presenta rivolta verso l'alto, inclinata sul fianco sinistro. Al centro è visibile il grosso argano salpa ancore mentre dell'armamento di cui era stato dotato il piroscafo in tempo di guerra non vi è traccia.
Verso Poppa è possibile scorgere quello che si presume essere lo squarcio provocato dal siluro lanciato dal sottomarino U52. In questa zona le reti sono ancora più numerose ma il relitto sembra meglio conservato; sotto la coperta vi sono le camerate di terza classe mentre a poppa si può vedere il timone e parte dell'elica che esce dal fondale fangoso. Percorrendo la murata di diritta si incontra l' afferratura dove veniva sistemata la scaletta d'imbarco, qui si può attraversare uno dei corridoi del ponte di coperta dove ci immaginiamo migliaia di emigranti appoggiati alle ringhiere nell'interminabile attesa di scorgere terra. I 20 minuti a nostra disposizione sono ormai trascorsi, ci aspettano 95 minuti di decompressione, risalendo ci rendiamo conto che il il Ravenna resterà per sempre in questi fondali a testimonianza di un passato in cui la vita per i nostri avi era spesso segnata da fatica e miseria, dove un pezzo di pane raffermo ed un paio di scarpe bucate rappresentava un tesoro.
Sul promontorio di Capo Mele, proprio di fronte al punto di affondamento, nel 1400 è stata eretta una cappella nella quale è visibile un modellino del piroscafo Ravenna ed un piatto che faceva parte del servizio di prima classe.
L'IMMERSIONE DI CARLO BENVENUTI SUL RAVENNA
La paura fa RAVENNA !
"Eccolo!" Esclama il nostro "Caronte", colui che portava le anime dannate all'inferno, indicando il display dell'ecoscandaglio; una grossa macchia nera si innalza dal fondo per circa una quindicina di metri, ormai ci siamo. Un secondo passaggio di sicurezza e il pedagno è in acqua; guardo filare tutti i 105 metri di cima in un'atmosfera surreale e finalmente la boa è in acqua.
Tutti rimangono a fissare la tanica che pigramente ondeggia su un mare calmissimo cercando di capire la corrente ma, contro ogni previsione, non c'è nulla da capire; non c'è corrente. E tutti cominciano a darsi da fare come formiche; nei minuti subito prima del tuffo la tensione sale e ognuno in silenzio ripassa il proprio profilo d'immersione… Ma chi ? Non è mai successo! Come ogni nostra altra immersione scatta la molla e cominciamo a prenderci in giro e a fare battute per alleviare la tensione e devo dire che la cosa funziona sempre dato che ci fa entrare in acqua col sorriso e la gioia di essere qui oggi ma comunque concentrati al massimo. Siamo in acqua in un baleno e mentre aspetto i miei compagni guardo giù e vedo la cima del pedagno sparire nel blu e un milione di pensieri e d'emozioni si susseguono una dietro l'altra. Arrivano e ci diamo l'ok, facciamo l'ok in barca, sgonfiamo il gav e iniziamo la discesa; tutti i pensieri svaniscono e la vita finalmente comincia. La discesa procede tranquilla e verso i 60 metri un milione di spilli che mi pungono in faccia mi ricordano che a queste quote una buona muta è sempre ben accetta ma, poco dopo, una macchia scura comincia a prendere forma e attorno agli 80 metri finalmente siamo sul relitto e il freddo scompare. Tocco la murata e chiudo un attimo gli occhi, l'emozione è immensa; visto il poco tempo a disposizione ho voglia di correre da tutte le parti, ma so benissimo che non riuscirò a vederlo tutto in una sola immersione, quindi mi dedico alla zona dove è caduto il pedagno; il centro nave. Appena arrivati si notano subito sulla murata le numerosissime gorgonie bianche delle dimensione di querce, questa è la conferma che la zona è battuta spesso e volentieri da forti correnti.
Dopo lo spettacolo "botanico" comincio l'esplorazione e la bellissima visibilità mi permette di vagare con lo sguardo da murata a murata; la copertura del ponte ormai è sparita col tempo lasciando scoperte le strutture inferiori, ma in generale il relitto, vuoi per la profondità e per l'immersione davvero per "pochi" lo hanno mantenuto davvero in ottime condizioni. Numerosissimi sono i particolari ancora visibili come le balle di cotone che facevano parte del carico sparse qua e là, i bighi delle scialuppe e le bitte che sembrano pronte ad accogliere le cime per ormeggiare ancora una volta la nave in porto. Mi sposto verso poppa e la mancanza della copertura del ponte mi permette di vedere bene gli interni e la suddivisione delle varie stanze che una volta erano le cabine di prima classe; quando, ad un certo punto, qualcosa attira la mia attenzione mi fermo e guardandomi attorno capisco di essere nella zona cucine dato che numerose stoviglie e altri oggetti spuntano qua e là. Uno spettacolo stupendo penso tra me e me quando vengo richiamato all'ordine dal ronzio degli scooter dei miei compagni d'immersione che mi lanciano un ok e proseguono verso poppa. Proseguo verso poppa e rimango ad esplorare il fumaiolo, che si alza ancora dal cuore della nave, ma dopo una rapida occhiata agli strumenti decido di ritornare vicino al pedagno dato che è passato da poco metà del tempo a disposizione.
Mi guardo intorno quando un movimento attira la mia attenzione; un grongo enorme per nulla spaventato dalla mia presenza mi viene incontro e come un cagnolino al mio fianco mi accompagna fino al pedagno. Ringrazio il "biscione" con una carezza e lui immobile rimane a guardare quegli strani esseri che pian piano risalgono lungo la cima per poi sparire nel blu. Che emozioni fantastiche, ma ora inizia la parte più pericolosa di tutta l'immersione la lunga decompressione di un ora e mezza che ci porterà fuori dall'acqua; arriviamo in pochi minuti ai - 42mt dove Stefano ci sta aspettando e dopo un rapido ok e un controllo ai gas facciamo il cambio con il Trimix "leggero" e continuiamo con le nostre tappe. Ormai manca la mezz'ora di ossigeno puro ai 6 metri e le emozioni di prima sono già lontane ma il ricordo è più vivo che mai e mentre sto fantasticando con la mente vengo richiamato all'attenzione da Francesco che furiosamente indica qualcosa alle mie spalle, mi giro, e vedo allontanarsi un'aquila di mare. Oggi la natura ci ha veramente accolto nel migliore nei modi nell'elemento più bello di tutti; l'acqua.
Siamo fuori e il computer segna 105 minuti d'immersione e il sole ci accoglie caldo su di un mare calmissimo; subito i nostri amici ci assalgono per i primi report e dopo aver recuperato la stazione deco e il pedagno rientriamo per fare l'ultima tappa... come di consueto con le gambe sotto al tavolo davanti ad un bel piatto di pasta al sugo!
Carlo Benvenuti.