COLORIDELBLU

Diving Book

BOMBARDIERE BIMOTORE FIAT BR20

Santo Stefano al Mare (IM).

La storia.

Bombardiere Rosatelli, da qui la sigla BR20.
Celestino Rosatelli fu il progettista che nel 1918 mise in opera il progetto del bombardiere bimotore Italiano. Sviluppato dalla casa Italiana FIAT la produzione iniziò nel 1924 con il BR1. Il modello 20 (BR20) entrò in produzione nel 1936 e all'inizio della guerra era già superato.
Il BR20 era un monoplano ad ala bassa con struttura metallica e rivestimento misto, duralluminio sulle ali e tela per la carlinga.

La notte tra il 12 e il 13 giugno 1940 la nostra aviazione fu inviata a bombardare Tolone in Francia. La Luftwaffe aveva a quel tempo una base presso Avignone a pochi chilometri da Marsiglia ma furono i nostri bombardieri ad essere incaricati di un tale compito. Le condizioni meteo erano pessime ma dieci bombardieri FIAT BR20 del 13° stormo raggiunsero ugualmente l'obbiettivo. Solo due giorni prima Mussolini aveva dichiarato guerra alla Francia e all'Inghilterra parlando da palazzo Venezia. Il 5 giugno le truppe Tedesche avevano iniziato lo sfondamento delle linee Francesi puntando su Parigi. Da li a poco Hitler avrebbe passeggiato lungo i viali di Champs Elysées ammirando la torre Heiffel. Badoglio all'inizio del mese aveva invitato Mussolini a ritardare l'entrata in guerra, le nostre truppe sono male equipaggiate e i mezzi superati. Galeazzo Ciano nel suo diario scrive: "………La notizia della guerra non sorprende nessuno e non desta eccessivi entusiasmi, io sono triste……..".
La nostra aviazione era armata di vecchi velivoli e quelli di ultima generazione erano mezzi di transizione, cioè gli aerei di passaggio tra i biplani e i moderni mezzi d'attacco e bombardamento in duralluminio: "la generazione di mezzo" fu soprannominata, il BR20 fu proprio un aereo di questi e come tale incorpora tutti i difetti di due intere generazioni di velivoli. Il BR.20 di allora fu il primo bombardiere interamente metallico Italiano (anche se molta della copertura era ancora in tela); volò nel febbraio del '36 ed entrò nelle file della Regia Aviazione nel settembre successivo dopo un ciclo di valutazioni durato circa sei mesi. Partecipò alla guerra in Spagna dal giugno del '37 come bombardiere con due squadriglie ottenendo buoni risultati. Nel 1939 venne realizzata la variante M, caratterizzata da una più ampia vetrata del muso e da una migliore disposizione dell'armamento difensivo in torretta. Fu utilizzato nel corso del conflitto civile spagnolo ed ebbe largo impiego in vari teatri di operazioni della IIa Guerra Mondiale; in particolare sul fronte della Manica, in Grecia, in Africa settentrionale e nel corso della campagna di Russia.
Dalla versione base, la L con dislocamento leggero (negli anni '39 '40 serviva la tratta Roma – Addis Abeba in undici ore), fu sviluppata quella bis interamente in alluminio, su cui erano montati i più potenti motori Fiat A.82 RC.42 da 1.250 CV ma ne furono prodotti solo una quindicina di esemplari nel 1943. Altri 82 esemplari furono venduti al Giappone che li utilizzò in Manciuria e in Cina. Si dimostrò superato già all'inizio della guerra e passò ben presto dal bombardamento alla ricognizione o addestramento e scorta ai convogli. Era costruito in tubi di ferro saldati a traliccio, la copertura della carlinga e la coda erano in tela mentre solo le ali portanti erano in alluminio; (altre parti erano addirittura in legno). Quelli che parteciparono alla battaglia d'Inghilterra, precipitarono per le formazioni di ghiaccio durante l'attraversamento della Manica.
Tuttavia nel bombardamento, grazie alla più razionale disposizione delle bombe, ottenne risultati migliori di quelli del più celebrato S.79. Neo dell'armamento difensivo fu la torretta dorsale, questa non poteva colpire gli aerei nemici che si tenevano in coda tra gli impennaggi direzionali, inoltre essa era cosi pesante da dover essere servo-assistita idraulicamente, le condutture dell'olio per il servo-sistema di movimento, correvano nella parte superiore della fusoliera ed erano facile bersaglio dei colpi nemici, bloccando cosi la mobilità dell'arma e impedendo un adeguata difesa del velivolo. Trasportava un carico di 600 kg di bombe, era armato con una mitragliatrice calibro 7.7 (.303 Britis) sulla torretta anteriore, una mitragliatrice calibro 7.7 sul ventre e nel modello in questione (M) una mitragliatrice calibro 12.7 in torretta superiore girevole tipo M1 (questa mitragliatrice è ancora in posizione sul relitto di S.Stefano). La larghezza massima dell'apparecchio è di 21.56 mt., la lunghezza è di 16.17 metri, l'altezza è 4,30 mt. (con carrelli estratti), la superficie totale portante è di mq. 74. Il BR20 era motorizzato con due motori stellari Fiat A.80 R.C.41 con doppia raggiera di cilindri da 1000 cv. ciascuno, le eliche sono di tipo Fiat in duralluminio a passo comandabile in volo dai piloti nella cabina, il loro diametro è di 3,54 mt. La velocità massima conseguita a 4000 mt. è stata di 393 Km/orari a 2030 giri/min., l'autonomia era di 3.000 Km.
Chi volò su di essi smise di ritenerlo un aereo affidabile quasi subito. Oltremodo scomodo e stretto non forniva agli equipaggi ne un minimo comfort ne sicurezza. Camminare nello stretto corridoio che da prua portava alla torretta centrale si trasformava nello strisciare carponi su un tavolone legato al traliccio in metallo protetto da semplice tela cerata. Quando erano attaccati i proiettili nemici attraversavano l'aereo senza la minima fatica ne il minimo rumore, perforando la tela. Il confronto con i mezzi nemici era assolutamente impari. L'aereo Italiano, proprio per la sua struttura, aveva cosi due principali nemici: l'avversario in volo, spesso più veloce e manovriero e le condizioni meteorologiche, che hanno contribuito non poco alla caduta di molti mezzi.


Storia del BR20 ammarato a S.Stefano al Mare (IM)


Il 13 Giugno del 1940 il cacciabombardiere immatricolato con il numero MM21503 faceva parte dello sfortunato 43° Gruppo (13° stormo 5a e 3a squadriglia) d'assalto, che decollati dal campo di Cascina Costa nel Pavese alle 09:23 giunsero alle 11:15, in ritardo sull'obiettivo stabilito: l'aeroporto di Fajence in Francia. Il bombardamento della zona comprendente la base navale di Tolone e i campi d'aviazione di Hyères (idroscalo) e St. Mandrier era già iniziato nella mattinata con l'impiego di altri 10 unità del 13° stormo. La missione, studiata a tavolino da tempo, coinvolse anche la 4a divisione "Drago" Questa divisione e il 7° stormo B.T. (con dei biplani FIAT CR.42) giungevano da Lonate Bozzolo (VA) e Cameri (NO) al comando del pilota Loth Bernardi. Il 43° stormo era invece comandato dal Magg. Luigi Questa. Le condizioni atmosferiche avverse furono causa del ritardo, ed i caccia Italiani impegnati nei combattimenti contro quelli francesi erano ormai dovuti rientrare. Tre Dewoitine D520 nemici comandati dall'asso dell'aria Maresciallo Pierre Le Gloan erano in agguato ed attaccarono i due Br 20 della 3a squadriglia ormai separati dagli altri.
L'MM 21505 fu abbattuto in territorio Francese. L'MM 21503 (il relitto di S.Stefano, l'unico esemplare ancora esistente e affondato a S.Stefano al Mare ad una profondità di -49 mt.) comandato dal ten. Catalano, ripetutamente colpito dal D520 di Le Gloan riuscì a raggiungere il luogo d'ammaraggio a S.Stefano con il solo motore sinistro semi funzionante e la mitragliera dorsale fuori uso, questa servita idraulicamente era completamente immobile. Alcuni colpi avevano tranciato i tubi dell'olio e questo non raggiungeva più i comandi in torretta.
L'aereo non poteva superare le Alpi e decise di seguire la costa a bassa quota. Superata La Turbie, il velivolo iniziò a scendere con un solo motore che per giunta singhiozzava, l'unica soluzione era l'ammaraggio di fortuna. Ciò che si delineava agli occhi dei superstiti era la costa Ligure di ponente, Ventimiglia, Ospedaletti, Sanremo. Da una galleria un treno corre in direzione ovest-est, la stessa del velivolo, il pilota spera che qualcuno possa vedere l'aereo e dare l'allarme ai mezzi di soccorso. Ma il treno scompare inghiottito da altre gallerie. Non appena anche l'unico motore rimasto cessò di funzionare, il pilota mise le pale delle eliche a bandiera e iniziò la discesa sulle acque sperando in un ammaraggio delicato. Sa che l'aereo non galleggerà per molto ma tutti avranno il tempo di uscire e aspettare i soccorsi nuotando. In quello stesso mese Parigi veniva bombardata dagli Stukas Tedeschi, molte sono le vittime tra i civili.
La città sarà occupata il 14 giugno e il 17 la Francia si arrenderà. Intanto l'aereo tocca l'acqua più volte poi un'onda colpisce il muso un po' più forte e l'intero velivolo viene inondato mentre si arresta sull'acqua. La prua, come oggi possiamo vederla, viene completamente accartocciata all'impatto con l'acqua, la parte di telaio sopra i piloti, in legno, si distacca interamente. Il BR20 si inabissa quasi subito trascinando con se l'armiere Tommaso Ferrari, il marconista Salvatore Gaeta ed il tenente pilota Simone Catalano. Il 2° pilota Maresciallo Ottavio Aliani era ai comandi al posto del ten. Catalano ormai senza conoscenza per il ferimento riportato nello scontro contro i Francesi. Fu l'unico superstite insieme al 1° av. motorista Farris, furono raccolti dopo due ore di permanenza in acqua dai natanti della costa usciti a prestare soccorso. Era il mattino del 13 giugno 1940. Il ten. Catalano a cui fu conferita la medaglia d'oro al valore militare, s'inabissò con il suo velivolo nonostante gli sforzi di Aliani e Farris per salvarlo. Perirono anche il serg. maggiore armiere Ferrari ed il 1° av. marconista Gaeta. Il velivolo si era posato sul fondo del mar Ligure, a circa 2 miglia dalle spiagge di S.Stefano al Mare.

Il muso puntato verso la costa e la mitragliera dorsale che guarda in alto, verso la luce della superficie. Con il tempo la tela si è persa ed è rimasta a nudo l'intelaiatura metallica mostrando quanto esili potessero essere questi mezzi dalle dimensioni importanti.

L'immersione

Rammentiamo qui che l'aereo Italiano era in gran parte di tela.
Scendiamo lungo il pedagno messo dai ragazzi del Nautilus technical diving di Marina degli Aregai. Gia' a 20 mt di profondita' la sagoma del relitto e' ben visibile appoggiata sul fondale sabbioso. Raggiungiamo l'ala sinistra. Si nota il grosso pneumatico ancora al suo posto. La copertura non esiste piu', divorata dal salmastro e dai lustri in mare, lasciando scoperta la trama di tubature che costituiscono l'impalcatura dell'aereo. I due grossi motori sono presenti e anche le rispettive eliche tri-pala a regolazione del passo, tra le prime a quell'epoca.
Tra di essi la fusoliera con la zona di pilotaggio in cui, i piu' attenti, potranno vedere il sedile di pilotaggio. Nascosti nella trama intricata di tubi e lamiere passano due sostuosi astci, Homarus gammarus, dalla livrea blu punteggiata. Siamo sull'ala di destra, anch'essa priva di copertura e che mostra, come per la gemella, la grossa ruota per l'atterraggio. Mi fermo appoggiato sul fondo a poca distanza del velivolo per immortalarlo nella sua interezza con, sullo sfondo, il sole. Proseguo la perlustrazione verso la coda.
A centro aereo ecco la mitragliatrice, messa in verticale sembra ancora cercare la miglior traiettoria per colpire il nemico. La trama di tubi arriva fino alla coda, ormai collassata anche a causa di una rete che, anni addietro, ha creato non pochi danni. La perlustrazione e' semplice, l'aereo non e' molto grande e la visibilita' spesso molto buona. Ci possiamo pertanto concentrare sui particolari sia del relitto che della fauna che, in esso, ha trovato comodo rifugio.
Ecco allora apparire un blocco di munizioni ormai ossidate e unite le une alle altre e soprattutto, illuminando con potenti fari video, cio' che ci sorprende sono i fantastici colori che il relitto ha assunto, a causa della colonizzazione delle specie bentoniche. Sono molto rigogliose le popolazioni di spugne, in particolare Aplysina aerophoba, dalla forma digitiforme e dal colore giallo intenso che ricoprono vaste aree del relitto.


Scansione video 3D di Dario Lupi (per gentile concessione)


Tra i pesci annoveriamo alcune cernie, Ephinepelus Guaza, una davvero imponente che spesso, durante la fase di discesa, sembra attendere i sub come un padrone di casa intento a accogliere gli ospiti. Sempre presenti con ricchissime popolazioni le trigle, Mullus Barbatus, che qui raggiungono dimensioni considerevoli. Attorno all'aereo, nel periodo estivo, e' sicuro l'incontro con una enorme palla di saraghi fasciati, Dipodus Vulgaris, che si muovono all'unisono all'arrivo dei sub.